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INTERVISTA – Laura Cenesi: “Con Ezio Rapporto Particolare. Cambio Di Passo Con Facchini”

INTERVISTA – Laura Cenesi: “Con Ezio rapporto particolare. Cambio di passo con Facchini”

Sono passati 30 anni dalla prima volta che la nostra Laura Cenesi ha varcato i cancelli dell’Antal. Una figura di riferimento che conosce e vive con amore e passione tutto il movimento. Dal campo alla segreteria: ecco l’intervista.

Ciao Laura, raccontaci la storia tra te e la Pallavicini.

“Sono arrivata alla Pallavicini quando ero piccolina. In realtà volevo giocare a basket e all’epoca la squadra femminile non c’era. Quindi mi ritrovai a fare ginnastica artistica che non era proprio nelle mie corde (sorride ndr). Ho fatto qualche anno e poi ho smesso. Però ho continuato a venire qui perché c’era mio fratello e diversi amici. 

Successivamente trovai un’altra Polisportiva che aveva una squadra di basket femminile. Iniziai a giocare a basket e quando avevo 19 anni decisi anche di prendere il patentino per allenare. Per fare il tirocinio mi proposi alla Pallavicini perché era un ambiente che mi era sempre piaciuto. Per cui ho iniziato a frequentare da grande la Palla come istruttrice di mini-basket. 

La mia figura di riferimento è stato Ezio. Lo avevo conosciuto quando ero piccolina ed era il nonno di tutti. Anche per lui decisi di venire alla Pallavicini”

Come hai iniziato il tuo percorso da istruttrice?

“La situazione era abbastanza border perché l’annata ’87-’88 che giocava a basket era ormai grande. Il mini-basket aveva avuto un decadimento importante. Io quindi ripresi come primo gruppo del mini basket i ’95-’96. Cominciammo con un gruppo dove i bimbi erano due. Fummo bravi, fortunati e riuscimmo a ricreare un settore mini basket importante e a ricoprire le annate che mancavano. Il tutto con uno staff valido. Durò qualche anno questa situazione e poi divenni responsabile del mini-basket”

Come sei finita in segreteria?

“Nel frattempo io studiavo e decisi di chiedere una mano in segreteria. C’è stata un’alternanza con altre ragazze e quindi era tutto conciliabile. Era una cosa divertente: i primi contatti con i genitori e l’idea di lavorare in un gruppo giovane era molto piacevole. Si alternarono alcune figure in segreteria fino al 2013.  Poi a giugno di quell’anno decisi di lasciare la Palla per tre anni”

Quando sei ritornata?

“Sono tornata nel 2016 quando mi è stato chiesto di lavorare in segreteria e di riprendere la responsabilità del settore mini-basket che ho portato avanti per un anno. Poi, rimanendo da sola in segreteria, l’ho lasciato”

Prima hai menzionato Ezio. Chi è stato lui per te?

“Faccio davvero fatica a spendere qualche parola per lui. Vorrei rischiare di non dire delle banalità. Per me questo è stato un anno molto difficile. Sarà che sull’ambulanza ce l’ho messo io e che mio padre l’aveva visitato dieci minuti prima che lo caricassi. Nessuno si aspettava che non l’avremmo più rivisto. Non era una cosa a cui ero preparata, è stata molto veloce. Mi hanno telefonato il lunedì sera per dirmi che non ce l’aveva fatta e per me entrare in questo ufficio il martedì mattina è stato difficilissimo.

Io e Ezio avevamo un rapporto molto particolare, da nonno e nipote. Mi conosceva da quando facevo la seconda-terza elementare e nel tempo il rapporto era cresciuto tanto. Io gli devo dire grazie per tantissime cose. Ci vedevamo tutti i giorni. Ezio era veramente di tutte le sezioni sportive che io seguo l’unico che mi dava una mano in maniera sostanziosa. Io sapevo di potergli delegare le cose: era una persona estremamente precisa, devota alla causa. Anche molto intelligente e colta, ci scambiavamo i libri da leggere. Era una persona che ci teneva a farmi conoscere tutta la sua famiglia, sono andata a cena a casa delle sorelle diverse volte. Anche nel periodo in cui ero lontana dalla Pallavicini.

Quando è morta una delle due sorelle che l’aiutava a cucinare a 84 anni ha voluto imparare a cucinare il ragù. Cosa che non aveva mai fatto prima. Ogni 10-15 giorni veniva con dei vasetti di ragù e mi diceva di mangiarli insieme a mia figlia.

E’ una persona che ha dato tantissimo alla Polisportiva, questo è innegabile. Ma credo anche che abbia fatto tantissimo per trasmettere a tutti quelli che passavano qui due cose in cui lui credeva molto: l’accoglienza e l’apertura che un’ambiente sportivo deve poter dare a dei ragazzi. 

Quando venivi in palestra, a qualsiasi ora, lui c’era. Conosceva tutti i bimbi e i genitori. Lui rideva e scherzava con un sacco di ragazzi che non giocavano a basket tentando di convincerli a venire a fare uno sport più elevato rispetto a quello che stavano facendo (sorride ndr). Una persona simpatica e che fa sentire la sua mancanza.

Era anche una persona aggiornatissima. All’alba dei 74-75 anni aveva fatto un corso a Borgo Panigale per imparare ad usare il computer. Tutte l’email della segreteria relative al basket le leggeva e poi rispondeva. Litigavamo (sorride ndr) perché tutte l’email le stampava, anche quelle inutili e le metteva in archivio perché “non si può mai sapere”.”

Che rapporto hai e che cosa ha portato Alessandro Facchini all’Antal?

“Io e Alessandro andiamo molto d’accordo. Mi piace molto e ho stima per il suo lavoro. Ha portato sicuramente un cambio di passo perché conosce molto bene l’ambiente sportivo partendo dallo sport dei ragazzi. Dall’ottica dell’allenatore, del direttore sportivo, del dirigente sportivo a quello del dirigente che guarda i conti. Nonostante non sia una sua peculiarità è riuscito ad entrare molto bene nel controllo economico, finanziario e gestionale della Polisportiva. Si è messo molto in gioco e questa è una cosa che gli va riconosciuta. Lui aveva delle caratteristiche in alcuni settori, in altri si è dovuto formare. Tutto questo perché è una persona molto intelligente e conosce certe dinamiche, si è destreggiato molto bene. 

Di fatto c’è don Marco, Alessandro e io che eseguo le loro direttive. Andiamo d’accordo, c’è sintonia di vedute e vedo un grosso impegno da parte sua nel far crescere il numero degli iscritti. Noi abbiamo avuto degli anni in cui abbiamo perso delle squadre. Ha voluto ricreare questi gruppi attraverso una preparazione sugli allenatori in cui lui in prima battuta crede molto e si impegna per poterla affermare e dare loro determinanti strumenti. L’idea di creare una squadra di allenatori e dirigenti che venga qui, non solo per fare le due-tre ore di allenamento alla settimana, ma anche con la voglia stare in questo posto secondo me è quello che poi paga.

Negli ultimi due anni, a ridosso del Covid, abbiamo incontrato almeno 4-5 allenatori che vanno dai 20-26 anni e che si sono buttati con grandissimo entusiasmo nel mondo Pallavicini. Questo ha permesso di creare tante opportunità nuove. C’è stata la possibilità di incrementare il discorso del doposcuola, fare diversi eventi grazie proprio alla disponibilità dei nostri allenatori. E’ finalmente un’apertura a quello che io ho sempre sperato succedesse, che ho visto negli anni passati e poi è scemato. Si sta creando un gruppo che promette bene. Era quello che speravo”

Cos’è per te la Pallavicini?

“E’ casa mia. Anche quando sono fuori da qua ho il pensiero. Un posto per cui vedo un potenziale enorme e, a differenza di quelli che dicono che è sfruttato male, penso che bisogna trovare le occasioni per poterlo fare fruttare al meglio. E’ difficile trovare un posto in cui i bambini possano fare sport e dove i genitori hanno l’occasione per stare insieme. E’ un posto coinvolgente e che permette a tutti di essere accessibile”

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