INTERVISTA – Simone Tabellini: “Sportività e sacrificio: principi cardine della Polisportiva”
Il personaggio della settimana è Simone Tabellini, giocatore dell’Under 20 e della Prima squadra di basket. Ragazzo dinamico e intraprendente, ecco l’intervista integrale.
Ciao Simone, parlaci un po’ di te
“Mi chiamo Simone, ho 19 anni e vivo a Bologna. Mi sono diplomato la scorsa estate al G. Salvemini di Bologna, un tecnico commerciale indirizzo informatico. Da quest’anno ho intrapreso un percorso di studio chiamato ITS, nella fattispecie frequento il corso Comunicazione e Marketing Digitale alle Salesiani di Bologna. La scelta di iniziare una formazione di questo tipo, attualmente poco conosciuta nel panorama scolastico, parte dal mio desiderio di trovare il giusto compromesso tra lo studio teorico e l’attività pratica sul campo. Un verbo che mi piace tanto è “intraprendere”: mi piace intraprendere nuove sfide, nuovi rapporti, nuovi progetti, nuovi percorsi, ecc… Questo mi ha portato grandi soddisfazioni: posso vantarmi di aver vinto il noto progetto dell’Opificio Golinelli, “Giardino delle Imprese” e di aver fondato un mio brand di abbigliamento chiamato @merit_clothing. Tuttavia la mia grande passione è il basket, da tutti i punti di vista: come giocatore, allenatore e tifoso virtus. Non segue tanto il basket NBA, ma seguo molto il campionato italiano della Lega Basket. Gioco sia nell’under 20 che in serie D della Antal Pallavicini; mentre sono vice allenatore degli Under 15. Quest’anno avendo un triplice impegno passo molte ore in palestra, spesso devo sacrificare pomeriggi interi ma questo non è un problema per me. Anzi stare in palestra e confrontarmi con le diverse persone all’interno della polisportiva è un modo per distrarmi. Qualsiasi altra persona potrebbe domandarsi dove trovo il tempo per studiare o per altri hobby. Penso che il tempo, con una giusta organizzazione, lo si trova sempre basta avere voglia e credere in quello che si sta facendo”
Da quanto tempo sei nel mondo Antal e cosa provi indossando questi colori?
”Sono all’interno del mondo Antal da quando avevo 6/7 anni. La decisione, di farmi iniziare basket alla Pallavicini, fu presa dai miei genitori, anch’essi ex giocatori e allenatori della polisportiva. Devo ammettere che un anno, cercando motivazioni maggiori di quelle che l’Antal potesse darmi, ho giocato nella Salus Bologna. Quello è stato l’unico anno fuori dalla mura della Pallavicini. Mi considero molto legato a questi colori e penso di essere di buon esempio per i miei compagni di squadra e per i miei giocatori. I valori fondamentali del mio gioco sono la sportività e il sacrificio, e li considero anche principi cardine della Pallavicini”
Hai detto che ti alterni tra under20 e Serie D, come sta andando la tua stagione sportiva?
“Tutto sommato la mia stagione sportiva è positiva e allo stesso tempo molto dura. Spesso mi ritrovo a giocare nella stessa settimana anche 3 partite. Rispetto all’anno scorso, in prima squadra sono cresciuto e ad oggi ricopro il ruolo di playmaker titolare. La pressione è tanta dal punto di vista della responsabilità, ma mi considero abbastanza maturo per ricoprire il ruolo assegnatomi. In under 20, invece mi lascio trascinare più dall’istinto e cerco di essere un secondo allenatore in campo migliorando così le mie doti di leadership”
Hai evidenziato delle differenze nel giocare con la Serie D rispetto all’under 20?
“Tra Serie D e under 20 c’è un abisso, sia per quanto riguarda l’aspetto fisico che tecnico. In Serie D mi devo confrontare ogni partita con gente più grossa ed esperta di me, ma io in compenso posso vantare di un gioco molto veloce e tecnico. In under 20 la situazione è completamente l’opposto. Mi ritrovo spesso a marcare i lunghi data la scarsità di centimetri della nostra squadra, ma riesco perfettamente ad adattarmi e a contrastarli data l’esperienza acquisita giocando in prima squadra”
Con l’under 20 viaggiate a metà classifica, puoi dirci dove potete arrivare da qui alla fine del campionato?
“Di sicuro l’obiettivo sono i playoff. L’obiettivo è molto fattibile dal momento che alcuni scontri diretti sono nostro favore con le squadre sopra e al calendario che ci vede con due partita in meno data la duplice turno di riposo. La posizione attuale è causa di partite perse dovute ad a problemi di roster che ha ridotto le rotazioni. Dobbiamo cercare di non perdere partite facili e di accumulare più punti possibili da qui alla fine del campionato”
Sei anche vice allenatore degli under 15. Come sta andando questa esperienza e ti chiedo se in futuro hai il desiderio o l’obiettivo di allenare una squadra tutta tua
“Quest’anno ho deciso di esplorare una visione della pallacanestro che non avevo mai sperimentato prima, ovvero l’allenatore. Io ovviamente ricopro la figura di vice in quanto, per esperienze personali pari a zero, non sono in grado di allenare una squadra. Con i ragazzi cerco di fare una cosa molto semplice. Gli trasmetto alcune interpretazioni del gioco che l’allenatore vuole sviluppare, così che possano iniziare a ragionare in un’ottica che un buon giocatore oltre a eseguire ciò che gli viene detto, deve ragionare da solo quando si trova in situazioni critiche in campo. In futuro ambisco anche ad allenare una squadra tutta mia, oltre che continuare la mia carriera da giocatore”
A che giocatore professionista ti ispiri e cosa hai provato quando hai sentito o letto la notizia della morte Kobe Bryant?
”Partiamo col parlare della scomparsa di Kobe. Tralasciando il fatto che ci sono rimasto male, premetto che non ho mai tifato Kobe come giocatore per due motivi: il primo è che sono un forte sostenitore dei Boston, acerrimi nemici dei Lakers; il secondo è che ho sempre preferito giocatori più umili. Kobe l’ho sempre definito come un “one man ball”, cioè un giocatore che deve avere tanto la palla in mano per far risaltare il suo gioco. A differenza di alcuni miei pupilli come Manu Ginobili e Kawhi Leonard, che sono giocatori che fanno della difesa e delle piccole cose che non figurano nelle statistiche una dote innata.Tuttavia ho conosciuto Kobe anche tramite il suo libro “Mamba Mentality” che consiglio a tutti gli appassionati della palla a spicchi. La cosa che mi ha stupito del libro è che “Il Mamba” è riuscito a mettere nero su bianco la sua mentalità. E’ incredibile! Un campione così va ricordato per sempre nel bene e nel male. Bisogna prendere ispirazione e cercare di far propri alcuni suoi principi”
Concludo chiedendoti i motivi per cui un ragazzo o una ragazza dovrebbe venire a giocare nella nostra realtà
“Sicuramente un ragazzo in tenere età, quindi di parla a partire dai 6 anni, entrando in una realtà del genere ha la possibilità di provare diversi sport per vedere quale gli si addice meglio. In palestra si respira un’aria serena e tranquilla, cosa che per un ragazzo in cerca di una realtà che gli lasci libero spazio di decisione è perfetta”